mercoledì 27 marzo 2013

Etica atea


Negli ultimi anni mi è capitato più volte di sentire persone asserire l'impossibilità di un'etica atea, ovvero una specie di monopolio dell'etica da parte di credenti e religiosi.
I sostenitori di questa tesi (lasciandomi parecchio perplessa) si lanciano solitamente in assurdi voli pindarici in cui tentano di dimostrare che la gentilezza verso il prossimo, il perdono ed altre caratteristiche positive, sono proprie di chi segue le "leggi" cristiane (o, probabilmente anche di altre religioni), mentre un ateo, non credendo in esseri superiori di puro amore, non possono certo essere dotati di etica.

Io sono atea.

Sono stata cresciuta come protestante da mia madre, mentre mio padre inventava sempre nuove bestemmie per compensare.
La domenica cantavamo i salmi accompagnati dalla chitarra di mia madre o dal pianoforte di mia sorella.
Quando potevo frequentavo la scuola domenicale e la funzione in chiesa, ma eravamo lontane e mio padre si rifiutava di accompagnarci.
Mia nonna mi insegnava a leggere sui primi salmi, ogni mattina in famiglia leggevamo il foglietto del calendario della chiesa dell'Assemblea di Dio in Italia, commentandolo e approfondendo sulla bibbia.
Disegnavo sulla mia bibbia personale catene spezzate con la scritta "Gesù ci libera" mentre ascoltavo gli Inti Illimani (ok, ve lo concedo, forse facevo un accostamento un po' azzardato, ma ero davvero piccola!).
Piangevo di sofferenza pensando che Satana aveva preso potere sul mondo.

Poi sono arrivati gli anni dell'adolescenza, i giri al mercato in cui conoscevo persone che passavano sei mesi all'anno in India, la curiosità e la lettura di testi induisti.

Dopodiché la curiosità verso la madre della mia amica che frequentava uno di quei gruppi molto arancioni di seguaci di Krisna.

Poi lo studio in solitaria delle varie possibilità.

Verso i vent'anni un ritorno al Cristianesimo con una sporcatura di animismo (Dio è in tutte le cose, non posso negare la Sua esistenza: guarda la perfezione del Creato), la fase "io sono veramente cristiana, cioè seguace di Cristo, non la Chiesa", lo studio della Bibbia, le discussioni con testimoni di Geova, preti e madri, la deriva del "ma se ci fai caso, tutte le religioni dicono di base le stesse cose", il "forse è vero che Gesù ha viaggiato in Asia e ha conosciuto il buddhismo.....
Le folli letture di Icke (giuro, non ci sono mai cascata!), i confronti con i cattolici che protestano (ma non sanno della scissione di qualche secolo fa? nessuno gli ha mai parlato di Lutero?), le idee di Fo e di Padre Zanotelli.

Infine il disinteresse.

Oh, insomma! La verità è che, ora come ora, trovo assolutamente ininfluente che esista o meno un Grande Padre a mo' di Grande Fratello, non mi sento vincolata nelle mie scelte dall'idea di un dio buono o cattivo, che soffre per i miei errori o vendicatore.
Era una "stampella". L'idea di dovermi comportare bene perché un certo Dio lo chiede era una stampella. Il padre celeste sempre pronto ad amarmi e consolarmi era una stampella.

Ora sento che posso e voglio avere un'etica per puro senso di giustizia, ma anche perché credo che tutto sia interconnesso, semplicemente. Fare bene crea altro bene. E mi basta.

Detto questo credo di aver riassunto il mio pensiero senza bisogno di elencare noiosi esempi a sostegno della mia tesi.

Io sono atea, dicevo, ma non mi sento meno "buona" di chi è credente.


(Non me ne vogliano i miei molti amici credenti: questi sono pensieri che valgono per me, non necessariamente per altri. Il rispetto reciproco deve sempre essere alla base delle relazioni.)


P.S.
L'altro giorno una persona mi ha detto che non crede negli atei... divertente schermaglia durata pochi minuti al termine della quale mi sono definita "diversamente credente"... così va meglio? ;-)

1 commento:

  1. Io sono atea, come te. E come te con un percorso di conoscenza (anche se non di pratica) approfondito, per interesse culturale mio.
    E penso che ci sia un'etica eccome, nell'ateismo. Anzi. Perché il tribunale degli uomini è presente. E ti costringe a ricordare che perdono o vendetta sono qualche cosa che dipende da te e dagli altri, qui e ora.

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